Tutto è dono

Matrimoni e partecipazioni

Quanto è bello quando due persone annunciano che si sposeranno?

Ho ricevuto due inviti nel giro di pochi giorni. Non biglietti qualunque con qualche decorazione romantica e la classica scritta con i nomi degli sposi, ma due segni che già nella semplice partecipazione dichiarano che il loro Amore parla di una casa costruita sulla roccia.

Uno è di Stefania e Vincenzo. Sono disegnati i due sposi che si tengono la mano sotto un albero, che ricorda un po’ una croce. Non ci sono chiodi, ma foglie colorate che sprizzano di vita, un virgulto che fiorisce perché si è fatta primavera nella vita dei due sposi che scelgono di amarsi finchè morte non li separi.

Come si fa a stare con una persona per tutta la vita? A sopportare i suoi sbalzi d’umore? Ad accettare anche quello che di lui/lei non sopporti? Le ferite che ti provoca? A restare quando vorresti scappare?

Con la Sua Grazia.
Quella Grazia che ti permette di guardare la persona che ami come la guarda Dio, che ti fa rendere conto di quanto è bello/a così come è, che ti permette di raggiungere le profondità del suo cuore per sussurrarle o gridarle forte quanto la ami, che ti fa sembrare di vivere un po’ di Paradiso già qui sulla terra quando stai con lei/lui.

E ti capiterà mille volte di avere paura, ma mille e una volta Dio ti spingerà verso di lei.

È così bello amare ed essere amati. E quando sei scelto/a è gioia piena. Otri colmi. Cielo in festa.

L’altro biglietto è di Carmelo e Beatrice, che in realtà conosco poco.
Sono raffigurati loro due, abbracciati, sotto un cielo stellato, mentre camminano su una nuvoletta soffice. San Francesco li guida, tenendo per mano lui. Santa Chiara li custodisce, chiudendo la fila, e tenendo per mano lei.

Mica male farsi accompagnare al matrimonio da questi due!!

Avvolti in un abbraccio, con gli occhi chiusi di chi finalmente può completamente abbandonarsi e fidarsi dell’altro, li guardo e mi sembrano stupendi. Adesso che hanno compreso qual è il proprio posto non vorrebbero essere altrove se non in quelle braccia, sicuri di abitare nel cuore della persona che Dio ha messo al proprio fianco.
Li guardo, affidati nelle mani di due grandi Santi che hanno messo Dio al centro della propria vita e sento che anche loro, imitandoli in questo ricondurre tutto a Lui, sapranno amarsi e farsi servi di tutti coloro che incroceranno i loro passi.

Amare e lasciarsi amare: è la cosa più bella del mondo!

E tu, amica, amico, che ancora non conosci quel volto, quel cuore, quelle mani a cui poter dire il tuo “SI”, non disperare…Dio è fedele alle sue promesse e tu sarai chiamata <<suo compiacimento>>…se ti ha pensata come sposa/o, sarà Lui il Padre che ti accompagnerà all’altare.
Credi e prega, prega e spera nell’Amore di Chi ti ama da morire ❤

Tutto è dono

Mani

Settembre 2010
Seduta accanto a te
mentre piangi e mi stringi forte la mano
non sappiamo se lei ce la farà

Non lo sai
se la rivedrai mai più
se ancora potrai guardare come è bella
raccontarle aneddoti come piace fare a te
farla ridere perdendovi nei racconti di tanto tempo fa

Resto zitta
mentre piangi e mi stringi forte la mano
ti aggrappi alla speranza
per combattere la paura
mentre il dolore ti invade nel profondo

Due mani strette forte
creano un’ àncora

Luglio 2023
Stavolta sei tu
che stai andando via
steso accanto a lei
che è rimasta con te
ma non governa più i suoi arti
Immobile
Mentre tu ti agiti
E cerchi la sua mano
Me ne accorgo
Mi avvicino e vi avvicino
Cosi la tua mano trova la sua
Sei al sicuro adesso
E, per un po’, ti plachi

Due mani unite dall’amore
E’ per sempre

Tutto è dono

Ritorno al futuro

Fa sempre uno strano effetto tornare dopo tanto tempo nei luoghi che sono stati la mia quotidianità per tanti anni.

Quanti <> lasciati da un super don(o), quante preghiere gridate, quanti momenti trascorsi a restare tra questi banchi in silenzio, in ascolto, con un diario sulle gambe e una penna in mano…

È qui che ho visto per la prima volta Giando. Non era una pausa pranzo qualunque. Era una pausa pranzo in cui come altri giovani avevamo deciso di metterci in ascolto. E se un programma televisivo dice che il destino ci ha fatto incontrare, a me piace pensare che è sempre Dio che unisce.

Ieri Luca si è laureato proprio di fronte a questa cappella. È stato bravissimo e io sono tanto fiera di lui. Sono certa che la sua vita fiorirà e che spenderà alla grande le sue competenze e la sua capacità per portare tanto bene con il suo lavoro. Ha speso parole bellissime per me e per Ste. Ha detto che con il nostro esempio ha imparato a vivere e ad amare. Ma la verità è che noi, con lui, abbiamo imparato la cura dell’amore.

Tutto è dono ed in questi giorni di doni ne ho ricevuti veramente tanti.

Ho visto una studentessa continuare il lavoro del mio dottorato. Mi ha mostrato, tutta sorridente, che ha il link alla mia tesi nella pagina dei preferiti. In quel laboratorio del 6o piano ieri ho percepito la bellezza di sapere che quello che tu fai, se davvero ha valore, non finisce con te.

Ho incontrato i prof che mi hanno seguito per anni, a cui devo tantissimo della mia crescita professionale. Con la loro guida, sono passata da una presentazione ad un piccolo workshop a Gothenburg, all’esposizione del mio lavoro alla conferenza top del mio settore.
Sapere che sono ancora disposti a puntare su di me mi rende orgogliosa.

Poi ho visto l’amore e la pace negli occhi di un uomo che ha deciso di donare totalmente la sua vita alla donna che ama. In un tempo in cui si naviga a vista, l’unica cosa veramente importante è farsi certezza l’uno per l’altra. Tutto il resto viene dopo. Dio vi benedica, amici miei ❤

Poi c’è stato mio nonno che ha inventato un nuovo titolo per la puntata di Nuovi Eroi andata in onda Martedì scorso. L’ha intitolata: “Una bella storia a lieto fine”. Il lieto fine, mi ha detto, sarei io, perché la puntata finisce con me. Sarebbe potuto essere anche l’unico commento ricevuto, perche il mio cuore dopo questa frase già strabordava di dolcezza.
Lui si sente un po’ in crisi perché crede di essere distante da questo modo di fare carità. Se solo sapesse quanto invece tutto quell’amore donato alla nonna, alla sua famiglia, ai suoi pazienti non è assolutamente da meno. Anzi.

Quanto stra-ordinario ci può essere nell’ordinario?

Tanto, tutto può essere straordinario se impariamo a far sì che lo STUPORE sia parte del nostro sguardo sulla vita, come mi ha augurato la mia meravigliosa prof di italiano delle medie a cui ieri ho dato appuntamento dopo tanti anni ad un tavolo di un bar. C’è un fuoco che brucia in ognuno di noi e i nostri insegnanti sono tra i primi a scoprire come alimentarlo. La sua carbonella, con me, è stata la poesia.

Non solo la prof delle medie, ma anche la maestra delle elementari è riuscita a ritrovarmi. Sempre di italiano, ovviamente.
Non si aspettava di vedermi in TV, ma la cosa bellissima per lei è stata vedermi luminosa ed entusiasta. E dalle sue parole, ancora una volta mi sono detta che la gioia è proprio contagiosa.
Se ognuno riuscisse ad innescarne un pochetto ogni tanto, avremmo un mondo piu sorridente.

Dulcis in fundo (e non è solo un modo di dire, perché mi riferisco a una torta vera e propria) ho capito un po’ più a fondo come certe cose avranno sempre il gusto di casa 🥰

Spero tanto che questi banchi possano continuare a custodire ancora tantissimi studenti in cerca del senso, della direzione, da dare alla propria vita.
E chissà…essere ancora un luogo di primi appuntamenti inaspettati 🤭

(15/12/2022)

Tutto è dono

Venuta alla Luce

“Dada, che fai per il tuo compleanno?”. È Agosto quando Stefi me lo chiede.
“Non saprei, Ste. Mi sembra un po’ prestino per pensarci, non trovi?”
“Si, ma almeno mi dici se sarai a Bari o a Roma? Mi devo organizzare perchè biglietti dei treni altrimenti costano tanto, non trovi?!?!?”
Messaggio ricevuto. Mia sorella mi ricorda sempre che lavoro per il lato oscuro del trasporto. Io ci provo ogni tanto a sbiadirlo un po’, ma se i prezzi dei biglietti sono quelli, io non è che ci posso fare molto.

Ci penso un attimo.
“Di certo non starò a Bari”. Sarei scesa già due volte le due settimane prima del mio compleanno per due matrimoni. 

Giando sarà ad Assisi per girare un documentario con una troupe di americani. È roba grossa, filmeranno anche il Papa, non si può rinunciare nè rimandare. Potrei andarci anche io, ma poi penso che trascorrere quella giornata insieme a degli sconosciuti non è prorpio il massimo.

“Ste starò a Roma il 13”.
Apposto, può comprare il biglietto. Prende quello che costa di meno, che è quello tardi la sera ( ovviamente! 😑), però almeno possiamo vederci.

Nel frattempo, uno scrittore che mi piace molto, Alessandro d’Avenia, annuncia che presenterà il suo ultimo libro al Quirino di Roma proprio il 13 Ottobre. Non male come serata-compleanno.
Fidanzato e sorella sono già out dalla lista degli invitati per forze di causa maggiore, restano le amiche.
“Mari, vuoi venire con me a vedere d’Avenia il giorno del mio compleanno?”
Marina non se lo fa ripetere due volte. Fosse per lei, starebbe già lì con lo spumante in mano a festeggiare e a festeggiarmi, anche se probabilmente non è che abbia proprio capito dove stessimo andando e a vedere che cosa.

Arriva il 13. Le riprese del documentario sono state rimandate dagli americani, il treno di Stefi  arriva anche in tempo per permetterle di essere a teatro ad inizio spettacolo, ma i biglietti per lo spettacolo sono sold-out.

Restiamo d’accordo che Stefi,Vinz e Giando ci aspetteranno a teatro alla fine dello spettacolo. Almeno il dolcetto lo mangiamo insieme e posso soffiare con la candelina. È importante spegnere la candelina il giorno del prorpio compleanno e celebrare la vita. Parola di mamma Carmela un 13 ottobre di qualche anno fa, in cui tentai di far finta che non fosse il mio compleanno. Menomale che qualcuno che mi voleva bene si mise a prepararmi una torta.

D’Avenia entra in scena e si leva le scarpe. Sta piu a suo agio cosi, dice. Mi piace.

Il suo libro racconta l’Odissea e lui, attraverso Ulisse, ci parla del viaggio di ritorno a Itaca, che sarebbe il nostro cuore. Ritornare al cuore per imparare a nascere. Per venire alla luce. Per vivere.

<<Qual’è la cosa bella che hai fatto oggi?>>

Saper rispondere a questa domanda implica che il nostro desiderio di felicità  sta trovando la sua strada, si sta realizzando, si sta compiendo. Significa che siamo Vivi e che non ci stiamo limitando a sopravvivere, con tante cose fatta una dietro l’altra per riempire il tempo e ignorare il cuore.

<< Cosa vuoi creare tu nella vita? Come vuoi lasciare il segno, la tua impronta nel mondo? >> d’Avenia incalza.

Creare vuol dire dare vita a qualcosa, a qualunque cosa: una pagina, una torta, un dipinto, un modello, un’idea, un progetto, un sogno.
Creare è l’arte di amare, perché non crei mai qualcosa per te stesso, ma il destino di ciò che fai, che è destinazione, sono sempre gli altri.
Ad esempio, quanto mi ama Marina quando mi invita a cena a casa sua e prepara ogni cosa con le sue belle manine?

L’incontro va avanti per due ore.

Il nostro prof prova a dire la sua rispetto alle tante domande che gli fanno alcuni ragazzi. Molte in realtà sono domande “irrispondibili”.
Sono quelle domande per le quali esistono tante risposte diverse quante sono le persone sulla faccia delle terra.

Infatti, tante volte vogliamo sapere “come si fa” a fare delle cose. Come se esistesse una ricetta per la vita.

Come si fa ad affrontare un dolore grande? Come si fa a trasmettere una passione? A capire e a far capire quali sono le cose importanti? A scegliere cosa fare nella vita? A scoprire la propria vocazione? A guidare altri nella ricerca della loro?

Solo la storia di ognuno di noi può mostrare una risposta, nostra, tutta personale, che può svelare qualcosa di questo grande mistero della vita, raccontando come si è diventati chi si è. Quali ostacoli si sono superati, quali limiti si sono accettati, quali sbagli ci hanno fatto crescere, quali insegnamenti ci sono stati d’aiuto, quali persone d’ispirazione, quali i sussulti del cuore quando abbiamo finalmente deciso di metterci un po’ ad ascoltarlo.

Abbiamo dentro una marea di Bellezza, che aspetta solo di essere riconosciuta e tirata fuori.

D’Avenia parla, io guardo Marina e mi sento felice perché adesso lo so cosa devo fare per nascere. Come posso venire alla luce, per essere luce.
In realtà, l’ho sempre saputo che sono le parole messe in fila, una dopo l’altra, come un sentiero che indica la via a dare respiro alla mia anima. Solo che adesso sto imparando a crederci un po’ di piu. E voglio fare di tutto per non tradirmi più.

Il tempo a teatro vola, come ogni volta che qualcosa ti prende sul serio.
Però a un certo punto desidero che d’Avenia tagli corto, perché la cosa bella della giornata mi sta aspettando fuori e mi dispiace farli aspettare troppo.

Usciamo. Ecco Stefi, Vinz ed ecco Giando, che mi abbraccia. Sento che sta combinando qualcosa delle sue, perchè  il suo braccio non è intorno alla mia schiena, ma vaga per aria.
“Che stai a fà?” – inizio a prendere un po’ di romano.
Mi giro ed è troppo bello quello che vedo.  Tutti i miei amici sono li con tanti palloncini gialli a cantarmi tanti auguri.
Non manca nessuno, c’e anche quel nanetto di Giovi ❤
La gioia è incontenibile, mi sembra di non capire niente. Ma infondo non c’è proprio niente da capire. C’è solo da gioire e festeggiare.

Ci spostiamo vicino la fontana. C’è anche la torta con le candeline. Sono pochi i dolci che non mi piacciono molto, come le crostate  alla marmellata di amarena. Giando è riuscito a prendere uno di quelli. Ma va bene lo stesso, vuol dire che abbiamo ancora qualcosa da scoprire tra noi.

Soffio le candeline con la scritta “happy birthday” e mi arriva un bellissimo pacchetto regalo. Dentro, carta e penna per scrivere le mie scintille di luce, che sono le meraviglie di cui sono testimone. Come questa, che questi fratelli, oggi, hanno pensato e realizzato per me.
In copertina, tanti fiorellini colorati e la scritta: “Today is the day”. È proprio così.
Oggi è il giorno, per me, di ri-nascere.

Con immensa gratitudine a:
Giando, Stefi, Vinz, Marina, Giulia & Carlo & Giovanni, Stefania & Giorgio, Tonia & Benedetto, Elisa & Alfonso, Chiara, a tutti gli amici che ci sono stati anche se non erano fisicamente presenti, a quelli che mi hanno comunque sorpresa e voluta festeggiare in un altro momento, a chi mi ha affidato a delle donne sante, facendomi commuovere nel bel mezzo di un viaggio in metro.

Vostra,
Lucis

Tutto è dono

A pranzo da Bezzi

Ormai è da un po’ che io e miei colleghi abbiamo il nostro posto preferito dove andare a pranzo quando siamo in ufficio. Si chiama “la Bezzicheria”, ma per noi è diventato “da Bezzi”. È una tavola calda, piccola ma accogliente, in cui puoi comporre il tuo “tris” scegliendo tra diversi primi, secondi e contorni.

Qualche Venerdì fa, c’eravamo solo io e Ema.
Entriamo e ordiniamo: caserecce alla norma, insalata di pollo e pomodori lui. Io invece prendo solo le polpettine al limone. Meglio restare leggeri.

Ci mettiamo ai tavolini di fuori. È una delle prime giornate autunnali, che fanno da coda all’estate, in cui è ancora piacevole sedersi sotto il capannone all’esterno del locale per godersi la luce del sole, accompagnato da un venticello fresco e leggero. Cominciamo a mangiare e chiacchierare del più e del meno, cercando di lasciare indietro quel clima sempre più insofferente che si respira in stanza.

Non c’è tanta gente. Forse molti hanno preferito rimanere a lavorare da casa a causa dello sciopero dei mezzi. Meglio così, si sta più tranquilli del solito.

Ho sempre pensato che Emanuele fosse un ragazzo gentile e disponibile, il che mi ha sempre messo a mio agio per poter parlare con lui di qualsiasi tema, mostrandomi per quella che sono senza indossare strane e inutili maschere.

Per questo, quando durante quella pausa pranzo si è avvicinato un ragazzo di colore che tentava di venderci i fazzoletti per raccimolare qualche moneta, anziché dire “No, grazie”, mi sono messa a parlare un po’ con lui. Gli ho chiesto se volesse qualcosa da mangiare e ci ha detto di sì. Ema subito si è alzato per accompagnarlo nel locale (ve l’ho detto che è un ragazzo sensibile e gentile!), ma gli ho fatto segno che ci sarei andata io. Entriamo da Bezzi e lui sceglie le mezze maniche all’amatriciana. Giuseppe, il proprietario, un signore dagli occhi buoni e dal sorriso dolce,  abbonda nel preparare la porzione che mette in una vaschetta da asporto. Gliela porge, il ragazzo mi ringrazia e va via mentre io mi avvicino alla cassa.
“Ti pago la pasta del ragazzo” – dico a Giuseppe.
“No, no, non ti preoccupare, non mi devi niente” – ribatte.

Rimango per un attimo in silenzio, felicemente stupita da questo atto di generosità e capisco che Giuseppe non ha solo gli occhi buoni, ma anche il cuore.

Quanto Bene si può fare quando si uniscono le forze? Tanto, più di quello che possiamo immaginare o che potremmo fare da soli.
Anche quando ci diamo da fare per cercare di essere portatori di quel Bene, ecco che ci ritroviamo inaspettatamente ad esserne destinatari.

A volte è sufficiente veramente poco, basta cominciare a scrivere la storia, restare a guardare come va a finire e lasciarsi stupire.
Ci possono essere ruoli e  personaggi a cui non avevamo pensato che fanno la differenza.

Come l’albergatore del buon samaritano di cui oggi narra la Parola, che magari non si è fatto rendere più nulla per la cura che ha prestato a quell’uomo picchiato dai briganti.
Quell’albergatore di cui non conosciamo niente per me, oggi, si chiama Giuseppe e lavora alla Bezzicheria in via Messina 21 a Roma.

<<Chi è il mio prossimo?>>
È la domanda della Parola di oggi.
<<Di chi ti fai prossimo?>>
È la risposta della Parola di oggi. Insieme al fatto che il mondo non si cambia con le grandi gesta di pochi, ma con i piccoli gesti di tanti.

Tutto è dono

Regalami un fiore 🌼

Ognuno ha un suo posto speciale.
Il mio è al Verano, da Chiara.
Ci vado ogni volta che ho bisogno di stare un po’ in silenzio, a riversare sul mio diario tutte le domande, i sentimenti, i pensieri, i desideri del cuore.
E siccome il mio cuore è in continuo movimento, finisce che ci vado spesso. Tanto spesso che sono diventata amica del fioraio, Alfonso, che gestisce il chioschetto di fiori immediatamente adiacente l’ingresso secondario.


Un giorno, quando ha visto che per l’ennesima volta gli chiedevo sempre lo stesso girasole, mi ha detto:” ma vai da Chiara? Vuoi le chiavi?”
“Magari!”, ho risposto tra il meravigliato ( era una domanda meravigliosa ) e l’incredulo ( era una proposta incredibile!).
Da allora, io e Alfonso siamo diventati tipo  il barista che ti vede ogni mattina, chiedendoti “il solito?” e tu annuisci.


Stavolta mi ero scordata i soldi, non avevo neanche un euro. Gli ultimi spiccioli li avevo raccimolati da varie tasche della borsa la mattina prima per darli a Francesco, che aveva fatto le copie della nuova stanza dell’ufficio.
Alfonso mi vede, mi sorride e mi chiede come sto, come sono andate le vacanze, se sono andata al mare e cose così.
Poi mi da le chiavi. Io il girasole non volevo neanche chiederlo perché non potevo pagarlo. E così ho detto: “Mi dispiace ma oggi non ho neanche 1€.” Mi stavo quasi scusando per non avere quelle monetine che potevano aiutarlo ( mi ha detto che non sta lavorando tanto…molti sono ancora in vacanza o sono tornati al lavoro, ma non ancora dai loro defunti)
“Neanche 1€?”
“No, non posso prenderlo il girasole oggi”
Senza aggiungere altro, Alfonso ha preso un mazzo di fiori da un vaso, di quelle composizioni già pronte che aspettano solo di essere scelte e regalate e me l’ha dato.
“Tieni, porta questo”.


È bellissimo…ci sono ben due girasoli, più due gerbere rosse e altri fiorellini bianchi decorativi.
Per un attimo ho desiderato portarmelo a casa. Sarà stato forse che anche io volevo ricevere dei fiori.
E ci ho anche provato: “Ma sono bellissimi. Posso portarmeli a casa? Così li metto nell’acqua, altrimenti si seccano subito.”
“Nono, sono per Chiara. Tu portali, apri il cancello e dentro c’è un vaso con l’acqua. Mettili lì”.
Non ci ha messo niente a far andare via quel pensiero un po’ egoista che mi aveva attraversato poco prima e a farmi prendere quei fiori convinta e contenta che le mie mani fossero solo uno strumento. Uno strumento per fare un regalo a Chiara poi, che potevo volere di più?
“Grazie, dico a Chiara che sono da parte tua”
“No no, da parte di noi due insieme”
Sorrido e mi avvio.

“Chiara, guarda che fiori bellissimi ti sto portando. Sai, li volevo anche io. Li metto qui nel vaso ma facciamo che sono di tutte e due, ok?”
Con Stefi di solito facevamo così quando una voleva appropriarsi di qualcosa che apparteneva all’altra.
Rimango li per un bel po’. Prego, scrivo, scrivo e prego.

Poi torno da Alfonso per lasciargli le chiavi.
“Aspetta. Vuoi un fiore da portare a casa?”
“Si” 🙂
“Ti piace il girasole?”
“Si :))))”
Accorcia lo stelo, mette la stagnola e aggiunge anche la retina intorno per incartarlo proprio come un regalo e, per la seconda volta in quella mattina, mi porge dei fiori in mano.

Sono felice. È stato come se a regalarmi tutti quei fiori fosse stato proprio Gesù. Alla fine, è Lui il miglior corteggiatore di sempre.

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Mia nonna

  • “Ciao nonna, come stai?”
  • “Benissimo” – mi risponde con quel suo sorriso solare che riesce sempre ad arrivarmi al cuore. “E tu?”
  • “Abbastanza bene” – faccio io, con un’espressione che però non emana di certo la sua stessa luce. “Mi fa male un po’ il ginocchio, sono preoccupata perché la settimana prossima ho l’esame, ho fatto discussione con mamma, …”
  • “L’importante è che il cuore stia bene”.  Lei, che per tutta la vita ha fatto centomila cosa, ed ora è costretta su una sedia a rotelle da anni, sta benissimo e sorride perché la malattia ha colpito diverse parti del suo corpo ma non l’unica che serve per essere felici veramente.

Sono tornata a casa e ho scritto questa frase su un post-it che ho appeso vicino a letto come promemoria. Serve a ricordarmi di rispondere a questa domanda ogni tanto: “come sta il tuo cuore?”.  

Diciamo sempre che ci fa male qualche parte del corpo: la testa, il braccio, la pancia, il piede. Ma non ho mai sentito nessuno dire “Mi fa male il cuore”. Eppure, sono poche le persone che emanano quella pace che traspare dal volto di mia nonna. Come si fa? Come si fa a non poter fare più nulla da un giorno all’altro se non passare dal letto alla sedia e dalla sedia al letto senza lamentarsi minimamente? Come si fa a non riuscire più a muovere metà del proprio corpo e dire “sto benissimo” sorridendo? Come si fa a non restare schiacciati dalla malattia che ti porta a dipendere da qualcuno anche per le cose più banali?

Come è possibile che il cuore stia bene nonostante tutte i piccoli tagli o le ferite più profonde che sono scalfite sopra?

Il cuore di mia nonna sta bene perché è un cuore che ama e che si sente amato. Perché non sta tutto il giorno a pensare a quello che non può fare più, ma si dedica a ciò che di bello può fare: divorare libri di qualsiasi genere, farsi coccolare con i Grisbi e aspettare che le giornate non siano fredde per mettersi sul balcone al sole.

Il cuore di mia nonna sta bene perché è un cuore grato. Perché c’è mio nonno che si prende cura di lei in maniera esemplare, che non la lascia sola, che la fa ridere, che raccontando storie la porta a viaggiare nel passato e che ha anche imparato a cucinare.

Come sta il mio cuore? Quando voglio rispondermi sul serio, presto attenzione agli “abbastanza” che metto nelle mie frasi. Ho capito che quando vivo pienamente nell’amore, gli “abbastanza” non mi servono.  <<Abbastanza bene>>, <<abbastanza bello>>, <<abbastanza buono”>>, sono tutti dei << si, ma…>> un’ mascherati. Tutti modi di sottintendere che c’è qualcosa, anche piccola, che in realtà manca e ostacola la mia felicità.

Quando sono troppi? Vado da mia nonna a farmi insegnare come si vive.

Tutto è dono

Tutto è dono

Ahi! E’ il rumore di qualcosa che si spezza…è leggero, timido, quasi tenero oserei direi, ma che ha il potere di spezzarti in un sacco di pezzi e di farti ritrovare distrutta.
Toc, toc, chi ha spento la luce? Ecco, solo questo ci mancava: ritrovarti scomposta e, per giunta, al buio.
Mister dolore, che ci fai anche tu qui? Suvvia, possibile che sia l’unico che voglia farmi compagnia? D’accordo, dai, rimani per un po’ ma poi va via per piacere.

E adesso che fai? Hai perso ciò che contava veramente per la tua vita, ciò in cui credevi di più, i tuoi sogni, ed hai perso anche te stessa. Stai conciata un pochino male, lasciatelo dire, eh! Niente, non devi fare niente. Stai buona e aspetta un attimo. Inizia a ricomporre i pezzi inanzitutto. Un suggerimento: parti dal cuore. Non fa niente se è un po’ ammaccato adesso e se ci sono dei vuoti che sembrano abissi: tu comincia a guardarlo come se fosse una cosa bellissima, anche se a vederlo così ti fa più paura che altro.

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