Francesclaun

A Natale puoi…

È uno degli ultimi appuntamenti con i miei amici claun prima delle feste Natalizie. Ci vediamo per stare un po’ insieme tra noi: è sempre bello fare gruppo. Poi incontreremo gli anziani di Casa Conforto e infine tutti al San Raffaele a consegnare i regali ai bimbi. Si prospetta una giornata bella piena. Una di quelle in cui già sai, che seppur in ambienti che potrebbero mettere un po’ di tristezza, i tuoi occhi vedranno tanti sorrisi. Per rendere speciale questa giornata, Rosetta aveva pensato di riempirla con un po’ di quella magia che caratterizza il Natale: ognuno avrebbe portato con sé un regalo da consegnare a un altro claun. Non un oggetto qualsiasi, ma qualunque cosa avesse potuto arricchire l’altro in modo unico, lasciando qualcosa che fosse importante per noi. Ci aveva avvisato con dovuto anticipo. Così tanto anticipo che io me ne ero completamente dimenticata. Per fortuna, Marina, un paio di giorni prima dell’incontro mi scrive:

“Dani, che hai pensato come regalo?” “Che regalo?” “Quello da portare dai claun” “Eh…beh…ecco…no, non ci ho ancora pensato”.

Cosa posso dare di me?

La carta regalo ce l’ho: ha tante goccioline colorate e la scritta “after rain comes rainbow”. Mi piace tantissimo. Beh, almeno è un inizio, penso. Per il resto della giornata ho in sottofondo nel cervello il pensiero legato a questo benedetto regalo. Quasi quasi mi sembra solo un noioso impegno in più. Quando sei affaticato e appesantito, anche le cose belle ti sembrano meno belle. Poi finalmente, da qualche parte della testa o del cuore fa capolino un’idea. Se devo portare qualcosa di me, cosa c’è meglio del libro che racconta l’esperienza che ha dato vita a “Lucis”, il mio nome claun? Chiedo a Giando se ha una copia del libro. D’altronde, l’altro giorno ne ha ordinati tante. E invece niente da fare, mi risponde che sono finite tutte quando è andato a fare la testimonianza a Bergamo la settimana scorsa. Però sono rimasti ancora i libru sull’economia sospesa e il progetto Tucum. Andrà bene lo stesso: anche questo è un progetto che mi sta a cuore e in qualche modo dice qualcosa di me.

Nel salone delle suore francescane che ci ospitano, c’è un bel clima di festa. Una volta arrivati, scriviamo il nostro nome su un foglietto e lo inseriamo in una scatola. Poi facciamo tanti bei giochini per cominciare a entrare in confidenza tra di noi. Così, nel grandissimo salone che le suore ci hanno messo a disposizione, cominciamo a muoverci a suon di musica, mentre volano gambe e abbracci.

Arriva il momento dei regali. Siamo tutti seduti in cerchio e a turno dobbiamo pescare un biglietto. Il nome che peschiamo è la persona che ci consegnerà il regalo che ha portato. Io sono alla fine al cerchio, quasi l’ultima. Vengono scartati tanti bei regali: c’è chi ha dipinto a mano una cartolina del suo paese natale, chi ha raccontato una storia, chi ha realizzato oggetti di Natale, all’uncinetto e così via. E poi ci sono io con il mio libro <<L’economia sospesa. Il Vangelo è ingegnoso>>. Ora, la nostra associazione si chiama “francesclaun” da San Franscesco, e la maggior parte delle persone che partecipa ha un suo personale cammino di fede. Tranne uno, Sciroppo, che condivide con tutti gli altri il desiderio di fare del bene, ma non ha tanto a che fare con Gesù e con il Vangelo.

È il suo turno di pescare. Ti prego, fà che non peschi il mio nome. Ti prego, non prendere Lucis proprio tu. Non volevo ricevesse qualcosa che potesse non piacergli. Sciroppo apre il suo biglietto: Lucis. Ecco. Prendo il libro incartato con la carta super bella e glielo porto tutta sorridente. Glielo porgo e lui lo scarta. Ricambia il sorriso e mi ringrazia. Chissà che ha pensato quando ha letto il titolo. In fondo poi, non è così male che sia capitato a lui. Tutti gli altri avranno le case già piene di libri che parlano di spiritualità, fede, carità. Magari lui può davvero essere incuriosito e scoprire che il Vangelo ha a che fare con la vita di tutti i giorni.

Il giro continua, ma quando siamo più o meno a metà, arriva la suora che ci dice di accelerare perché le vecchiette ci aspettano. Un po’ ci proviamo a fare più veloce. Tuttavia, questo è un momento che merita il giusto valore e che non può essere fatto di fretta. Il donare e l’accogliere, infatti, parlano il linguaggio delicato della cura e dell’attenzione all’altro, che non conosce quella fretta ansiosa, capace di rovinare i momenti, con il pensiero insulso secondo cui non c’è mai abbastanza tempo per qualcosa o per qualcuno. La suora, per fortuna, è paziente, per cui tutti pescano il biglietto, e ricevono il proprio regalo. Eccetto una persona, che dovrà aspettare ancora un po’, perché il regalo preparato da Pincopallo richiede il coinvolgimento di tutti i claun ed è troppo bello per essere sciupato e non goduto appieno. Almeno così ci dice Rosetta. Quindi, quella persona, riceverà il proprio regalo solo dopo l’ora trascorsa con le vecchiette.

Indovinate chi pesca il biglietto con le letterine “PP” di Pincopallo? Io, ovviamente.

Non mi mette in crisi la cosa, perchè ho imparato che ci sono attese che valgono tutta la gioia di ciò che sta per arrivarti e cosi cominciamo a seguire la suora che ci fa strada. Portiamo un po’ di colore, musica, chiacchiere alle vecchiette. Mi faccio raccontare di loro. Le storie degli anziani hanno sempre qualcosa di sacro. Molte di loro sono centenarie (o quasi). Una è vedova da 56 anni. Le chiedo se suo marito le manca. “Da morire”, mi risponde. Quando ti dicono che l’amore è eterno, credici, perché è proprio così: l’amore vero supera la morte e resiste al tempo. Un’altra di loro tira fuori da un borsellino la foto sua e di suo marito quando erano fidanzati. Com’erano belli. E com’era bella lei anche in quel momento, mentre guardava quella foto con gli occhi che le brillavano.

Dopo circa un’oretta passata con loro le salutiamo e finalmente io posso ricevere il mio regalo. Pincopallo mi invita a sedermi e mi benda. Sento dei rumori per un pochetto, poi all’improvviso silenzio. Qualcuno mi toglie la benda e li vedo tutti di fronte a me. Parte la musica e cominciano a cantare sulle note di “A Natale puoi”. Sono meravigliosi, dolcissimi. Un po’ pure ondeggiano mentre cantano. A un certo punto si blocca anche la musica, ma loro continuano imperterriti a cantare. Non li ferma nessuno. Polpetta, per tutta la canzone, unisce le dita formando un cuoricino con le mani.

Mi arrivano al cuore. I loro volti, le parole che mi hanno dedicato, mi si sono impressi dentro e lì credo rimarranno a lungo. Cantano:

“È Natale e a Natale si può fare di più,
è Natale e a Natale si può fare di più,
è Natale e a Natale si può fare di più,
Per noi, a Natale puoi.

Luce blu C’è qualcosa dentro l’anima che brilla di più: è la voglia che hai d’amore, Che non c’è solo a natale, Che ogni giorno crescerà, Se lo vuoi.”

Io lo voglio, per me ed anche per te.

Buon Natale d’Amore a tutti.🎄✨️

Francesclaun

Colorati di vita

Secondo appuntamento con il servizio da clown.
Per arrivare all’ RSA devo prendere tutte e tre le metro di Roma, ma che importa?! Non puo essere certo un tragitto lungo a fermare una clown desiderosa di portare la sua luce.
Trovo già qualcuno li che mi accoglie tra sorrisi e baci.
Pincopallo mi ha portato un paio di orecchie perché sono ancora un po’ sprovvista di abbigliamento clown: piccole attenzioni che fanno bene al cuore.
Poi ognuno, ancora una volta, mi dona un pezzo di se: gonna, calze, fiocco, occhiali. Alla fine ho addosso qualcosa di un po’ di tutti, compreso il frontino di una clown speciale che ha partecipato al nostro servizio dal cielo.
Indugiamo un po’, ma alla fine partiamo e sulle note del trenino entriamo nella prima sala dove ci aspettano gli anziani.
Tra la musica e le mascherine è proprio difficile parlare. Una signora però vuole partecipare alla festa e si mette il cappellino e gli occhiali di Stella Lele.
Alcuni cantano insieme e noi, altri restano con lo sguardo assente, accennando nel migliore dei casi un mezzo sorriso.
Le vecchiette mi vogliono bene, mi piace tantissimo essere come una loro nipotina per qualche minuto. Mi viene spontaneo guardarle con affetto anche se non le conosco: in alcuni momenti sembra quasi una gara a chi ha lo sguardo più dolce tra me e loro, ma vincono sempre loro 🙂
Poi andiamo al piano di sopra dove c’è chi è rimasto a letto (chissà da quanto tempo stanno cosi e se riescono ad alzarsi ogni tanto quando si sentono un po’ meglio).

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Francesclaun

Pronti, partenza…via!

Stamattina mi sveglio contenta e carica per il mio primo servizio da clown. Anche se ho avuto a che fare con gli altri nasi rossi soltanto una volta, mi sono sembrati un gruppo coeso e che mi da molta fiducia: non ho nulla di cui preoccuparmi. Piera mi passa a prendere e siamo li puntuali.

La GIOIA già si sente: è nell’aria, oltre che nella musica che cantiamo e balliamo.

Già durante il ballo mi guardo intorno: cerco prima di tutto il contatto degli anziani con lo sguardo. Quando lo trovo mi avvicino e parlo un po’ con qualcuno. Ognuno di loro potrebbe essere uno dei miei nonni: specialmente alcune vecchiette che con le loro dita fragili mi stringono forte la mano e mi dicono che sono bella.

Parliamo di tutto: dal colore dello smalto delle unghie al desiderio di non perdere la memoria, perchè “è la sola che ci resta”,

Torno a casa con cuore grato a Dio e a ciascuno dei nasi miei compagni di questa avventura, perchè in un luogo che ha tutti i requisiti per parlare di morte ( età avanzata, malattie,…) oggi ho visto vita in abbondanza.